Le prestazioni occasionali come alternativa alla Partita IVA

Una delle caratteristiche principali di un’attività economica, da un punto di vista burocratico e fiscale, è l’abitualità con cui tale attività viene svolta.

Nella pratica accade spesso però che determinate attività di lavoro autonomo (e tralasciamo le attività puramente commerciali, quindi di vendita di prodotti) non vengano esercitate in via continuativa ed abituale, ma con carattere di occasionalità.

Quali sono i parametri ed i limiti per distinguere un’attività in “piena regola” da un’attività svolta in maniera non abituale?
Per regolarizzare ciò viene in aiuto l’art.61 del d.lgs. 276/2003 che dà una definizione legale di prestazioni occasionali di lavoro autonomo: si intendono prestazioni occasionali infatti i rapporti di lavoro la cui durata complessiva non supera i 30 giorni annui (per committente), e il cui compenso non supera i 5.000 euro.

Molte volte si tende a considera il valore totale delle prestazioni (i 5.000 euro di cui prima), come indicatore principale dell’occasionalità di una prestazione, ma in realtà la componente fondamentale è il limite di 30 giorni per ogni committente, superato il quale la prestazione di lavoro autonomo si intenderebbe continuativa con necessità di aprire la partita IVA.

Cosa accade se si supera il limite di 5.000 euro? In tale caso non è obbligatorio aprire partita IVA, la componente fondamentale risiede sempre nell’abitualità o meno della prestazione: è quindi possibile al superamento della soglia rimanere nell’ambito del lavoro occasionale, ma sarà in questo caso necessario iscriversi alla gestione separata dell’INPS ed il committente dovrà versare i contributi alla Gestione separata.

Da un punto di vista fiscale le prestazioni occasionali rientrano nella categoria dei redditi diversi (art.67 d.p.r. 917/1986), e vanno dichiarati nel quadro RL di UNICO. Importante è inoltre ricordare che tali prestazioni sono soggette a ritenuta d’acconto al 20% nel caso in cui il committente sia un’impresa o professionista, e quest’ultimo dovrà riversarla poi entro il 16 del mese successivo al pagamento, consegnando poi l’anno successivo la certificazione dell’avvenuto riversamento della ricevuta.

A cura di Partitaivaonline.com

 

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